Piante cucurbitacee (Targioni-Tozzetti, Cenni)

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Piante crucifere
Targioni-Tozzetti, Antonio, Cenni storici, 1853
Piante bulbifere o cipolline

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§. VIII. Delle piante cucurbitacee.


Le cucurbitacee coltivate fra noi, sono principalmente di quattro specie, le quali colle loro respeltive numerose varietÀ, formano una serie di frutti polposi, di volgarissimo uso cibario. Tali sono le zucche, distinte ora in due specie cioè: Cucurbita maxima e Cucurbita pepo ; il Cocomero Cucumis citrullus (S}, il popone Cucumis melo ; ed il cetriolo Cucumis sativus.

Cucurbita

Le zucche, comprese le loro molteplici varietÀ, sono originarie dell'Oriente e delle Indie, come si rileva anche da Ateneo (4), e conosciutissime dai Greci, poichè Ippocrate, Teofrasto, Dioscoride, Galeno ec, ne nominano per l'uso di vitto e di medicamento varie qualitànei loro scritti. Columella (5) ne ricorda esso pure molte varietà ; e le zucche serpentine e lunghe, sono

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(3) Ciicurbila citrullus di Linneo.

(4) Deipnosoph.L.2, c. 23.

(5) De hortor.cult.L. 10, v.380.


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avvertite da Plinio (1), cosicchè la introduzione di tulle queste zucche nella coltivazione nostra, risale a mollo tempo indietro (2). Quelle peraltro quasi bicorporee, dette da pescatori o zucche da pesci (cucurbita lagenaria [3), con alcune loro varietà di forme diverse, cioè a fiaschetta, a pera, a cipolla, a clava, a tromba ec., resta dubbio se siano state conosciute dagli antichi Romani, e se quindi fossero realmente quelle zucche, che servivano, come si rileva da Plinio (4), per orcioli nei bagni, per vasi da vino, o per riporvi i semi delle piantc. Infatti, essendo le sopraindicate varietà della cucurbita lagenaria, native delle regioni intertropicali e dell'America, è più probabile che non fossero note agli antichi Greci e Romani, e che le zucche di cui, come sopra ho dello, parla Plinio per i diflerenti usi domestici, fossero piuttosto alcune speciali varietà della comune zucca o cucurbita pepo. Pur nondimeno delle zucche da pescare, i botanici tutti del secolo XVI ne parlano come di piante, note e coltivate andantemente anche per certe loro varietÀ, cosicchè la loro introduzione fra noi deve rimontare a poco prima del ridetto secolo. Più modernamente il Raddi nel suo Viaggio in Egitto fatto collo Ghampollion nel 1828 e 1829, raccolse i semi di tre nuove varietà di zucche, che si introdussero negli orti

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(1) Hist.nat.L. 19, c. 8.

(2) Il Padre Agostino Del Riccio, nella sua Agricoli, leor. MSS.a carie 133 e 186, dàuna nota di 20 varielàdi zucche coilivale negli orti a suo tempo.— I frulli delle zucche lalvolla crescono straordinariamente ; tale si fu quella di libbre 250 cheè dipinta in un quadro a olio, ora al R. Museo di Firerize, ed una volta alla R. villa di Careggi, ricordata nel Innario dei conladini del 1779, pag.136 ; eduna di libbre 200 che fu veduta alla pubblica esposizione in Firenze dei prodotti naturali e industriali della Toscana nel 1830. V. il Rapporto di detta esposizione pag. i27.

(3) Lagenaria valgaris. Decand.

(4) Hist. nat. L. 19, 0. 5


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di Firenze, come resulta da una notizia datane nel Giornale Agrario Toscano (1).

Cucumis sativus

Il cetriolo poi (Cucumis sativus), benchè originario della Tartaria e delle Indie orientali, con le sue numerose varietÀ,è rammentato nella Bibbia (2) sotto il nome di Kischyimocliisciuim. I Greci, come vedesi negli scritti d'Ippocrate, di Aristotile, di Teofraslo, di Galeno, lo conoscevano col nome di colocinlha ; ed i Latini, come si sa da Plinio, da Golumella, da Virgilio e da altri, lo indicavano col nome di cucumis. Presso gli Egiziani e gli Arabi era volgarissimo, e distinto col nome Khiar ; tanto che può dirsi che le varietàdi colore e di figura che oggi si ritrovano nei nostri orti, sono le stesse presso a poco di quelle ricordate dai summentovali autori ; di modo che il cetrioloè pianta da antico tempo trasportata e coltivata in Italia ed in Toscana. Rilevasi per altro dai manoscritti di Agostino del Riccio, che il cetriolo bianco venne come nuovo in Firenze a suo tempo, cioè verso il 1596, o poco prima, epoca in cui scriveva ; per quanto a Siena vi fosse coltivato da molto tempo in addietro, e che altra varietàdetta cetriolo turco, di fruito bislungo, vi fosse stata portala pochi anni avanti.

Cucumis melo

Nè meno lontana è l'origine dei poponi (cucumis melo, L.) i quali nativi dell'Asia e d'Astracan, erano coltivati in Egitto, in Grecia, ed in Italia dai più remoti secoli. Infatti sono questi frutti ricordati dalla Bibbia (3) col nome di AhaticUn, da Ippocrate (4)-, da Aristotile (5) da Teofraslo (6) da Ateneo (7), da Dioscoride (8) da Ga-

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(1) Anno 1831. Tono.S, p.95.

(2) Numeri c. 11, v. 5.

(3) Numeri eli, v.S.

(4) Affecl. p. 259, edit.cura Foes.

(5) Probi. L. 20, c. 3.

(6) Hist.plant.L.7, ci.

(7) Deipnos.L. 2, e 26.

(8) Mat.raed.L.2, c.l63.


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ieno (1) fra i Greci, che li distiDguevano col Dome di sicyos, e sicijopepon ; da Aviceona (2) e da Serapione (3) fra gli Arabi col nome di Balheca, che i più riferiscono invece al cocomero (4) come fa li Rumphio (5), il quale cita lo stesso nome di Balteca come voce indiana ; da Plinio (6) da Golumella (7) ec, fra i Latini col nome di melopepo, che erano i vernini, e pepo i comuni. E questi autori del pari che il Mattioli (8) ed Agostino Gallo (9) ne annoverano un certo numero di varietÀ, le quali presso a poco sono le stesse delle conosciute attualmentc. Marcello Virgilio, ne'comraenti a Dioscoride (10), parlando delle qualitàdei poponi a suo tempo, non pare che ricordi le zatte, le quali perciò non sembra fossero conosciute che assai più tardi ; ed il Giachini cita i poponi turchi, i damaschini, i cutignoli, i serpati, e le cedronelle, come in voga nel 1527, epoca nella quale scrisse la sua lettera a Filippo Valori in difesa e lode del popone, 11 Micheli descrive alcuni poponi nei suoi manoscritti, e queste descrizioni sono riferite nel dizionario botanico italiano di mio padre (11). Il popone vernino si dice coltivato in Toscana da Cosimo III, quasi che fosse fra noi introdotto a suo tempo (12), ma pare che

(1) Simplic.medic.L.8.Altment.facaU.L.2. c. 4, 5, 6.

(2) Canon. L. 2, traci. 2, e, 89, p.l09.

(3) Hist.simpl.medic.L.S, c. 104.

(4) V.Baldass.e Mich. Campi Spicilegio botan.p.lS, i quali bensi avvertono che questo nome balheca era generico e dato ad altre cucurbitacee.

(5) Herbar.Amboin.T.5, p.400.

(6) Hist.nat.L.tO, c. 5.

(7) De re rustica L. il, c. 3.

(8) Disc, in Dioscor. T. 1, p,S47.

(9) Dell'agricoli, giornale sei, p. 1S3, ediz, di Venezia 1576, e pag. 132, ediz. di Torino 1379.

(10) L.2, c. 121, p. 131.

(11) Tom. 1, pag. 220, e T. 2, pag. 82.

(12) Laslrl, Corso d'agricolt. T. 4, pag. 3.


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gli antichi Romani lo conoscessero di giÀ, col nome di melopepo, come sopra ho già detto.

Citrullus

I cocomeri o angurie (Cucumis citrullus (1)), sono spontanei delle Indie orientali, e trasferiti di là in Egitto, e quindi a noi da molto tempo ; ed anche più recentemente di alcune varietÀ, ne furono raccolti i semi dal Raddi nel suo viaggio in Egitto, e seminati nei nostri orti (2), ma forse alcune sono le stesse conosciute dai nostri maggiori ; su di che nulla può dirsi di certo.

Ma sebbene il Brasavola (3) pensi che il cucumis o sycios dei Greci, fosse il nostro cocomero o anguria, tuttavia il Mattioliè di contraria opinione, e crede che i Greci antichi non conoscessero questi frutti (4), fondandosi sul non avere Serapione(5) riferito al proposito del cocomero o Dullaha in arabo, veruna autoritàdei Greci scrittori, ma Arabi soltanto. L'Aquilani (6) peraltro ritiene i melopoponi di Galeno (7) non essere altra cosa che i nostri cocomeri o angurie, su di che il Mattioli resta in dubbio. Ma Baldassarre e Michele Campi (8) dimostrano, che il melone indo d'Avicenna (9) altro non è che l'anguria o citrullo di alcuni scrittori antichi, che Piero Crescenzio con noi Toscani chiama cocomero. Oltre a ciò il ridetto Aquilani non crede il cetriolo essere il cucumis, sul quale scherza proverbialmente Ate-

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(1) Cucurbita Citrullus L.

(2) V. Giorn. Agrar. Tosc. T. 5, p. 95 e 299.

(3) De Siraplic. raedicam. exam. edit. Venel. 1545, pag. 214.

(4) Discorsi in Dioscor. T. l, p. 547.

(5) Hist. simpl. medic. L. 3, c. 104.

(6) Origine, qualità e specie dei poponi e altro. Trattato ec, tradotto dal latino in volgare ec. Fir. 1602. Il MS. autografo latino esiste presso di me.

(7) De alim. fac. L.2, c. 5.

(8) Spicilegio botan.p.118.

(9) Llb.4, Fen.l, cap. 39.


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neo (1), ma il cocomero. Laonde stando a queste diverse opinioni, si potrebbe dubitare se i! cocomero o anguria, fosse stato effettivamente conosciuto dai Greci, presso i quali a vero dire si confondevano tra loro le tante varietàdi cucurbitacee, che dall'Asia avevano importate ; confusione rilevata giàda Ermolao Barbaro nei suoi corollari, dallo Stapel nei commenti a Teofrasto, dal Mattioli nei suoi discorsi in Dioscoride, dai fratelli Baldassarre e Michele Campi nel loro spicilegio, e soprattutto dall'Aquilani ricordato di sopra.

Cucumis melo Groupe Flexuosus

I1 mellone propriamente detto, da non confondersi col melone o popone (2), e che i botanici hanno distinto col nome di cucumis flexuosus, per essere lungo e ritorto, è originario delle Indie orientali, ed in tempo indietro era molto coltivato negli orti di Firenze ; lo ricordano il Boccaccio (3), il Burchiello (4), Benedetto Dei (5), ed il Rucellai (6). Oggigiorno per la sua troppa sciapitezza, divenuta proverbiale, non è più in uso fra noi. Pare secondo i fratelli Campi nel loro Spiciliegio botanico, che questo fosse detto Abdellavi dagli Arabi, ed anche Batecha ; lo che è una riprova che Balecha o Battecha, era un nome piuttosto generico di vari fruiti cucurbi-

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(1) Texens pallium mulier cucumerem devorel. Alban. Deipnos. L. 3, C.2, ed il perchè vedasi in Stapel comraent. in Theophrasl. pag.781.

(2) Sul confondere che alcuni fanno il mellone col popone, v. la lezione o cicalata di Maestro Bartoiino dal canto dei Bischeri ec., Iella all'Accademia della Crusca sul sonetto del Berni i passere e beccaflchi inagri arrosto ». Firenze 1382, p. 42. Lezione che è di Giovan Maria Cecchi, dove dice.... quel mellone in lingua non fiorentina vuol dir popone.

(3) Decamerone. Giorn. S. novel. 9, dove scherza sull’insulsaggioe di maestro Simon dalla Villa.

(4) Sonetto 3, p.2, dove dice, e fa di comperare un buon popone. - Fiutalo che non sia zucca o mellone.

(5) V. Giovanni Targioni-Tozzetti, Viaggi ec, T.3, pag. 41.

(6) Le Api. Poema, verso 43G.


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tacei, usato dagli Arabi, e derivato dagli Indiani, dai quali provennero la maggior parte di consimili piantc. Non sappiamo quando fosse introdotto nei nostri orti il predetto mellone ; e solo per congettura si può dire, che ciò fosse stato verso il principiar del secolo XV, poichè non se ne trova fatta menzione, prima di quest'epoca, se pure non si volesse credere che fosse il cucumis anguinus vel erralicus di Plinio (1), lo che nonè accordato dal Fée, il quale lascia incerta questa pianta del naturalista latino (2). Secondo i fratelli Garapi, nel loro Spicilegio p. 108, si potrebbe credere che questo cucumis flexuosus di Plinio, fosse il cocomero paleslino o saracenico degli Arabi, o la dragontite di Ateneo secondo il Dalechamp. Pier Crescenzio lo chiama melagnolo o melone, edè un vegetabile che proviene dalla Palestina e dalle Indie.

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(1) Hist. natur. L. 20, c. 2.

(2) Nota 20 al lib. 20, di Plinio trad, in francese, ediz. di Pankouk. T. 13, pag. 187.