Piante Umbellate (Targioni-Tozzetti, Cenni)
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Venendo ad altra famiglia numerosissiuia di specie, quale è quella delle umbellate, alcune di queste formano oggetto di più o meno estesa coltura.
E primieramente poco dirò delle carote [daucus carota L.), le quali sono state in addietro confuse colle pastinache, altro genere della medesima famiglia, giacchè la carotaè comunissima in tutti i prati e luoghi erbosi, si di collina che di pianura d'ogni provincia dell’Europa, della Crimea e del Caucaso, da dove per opinione del Pereira (1) passò nella China, nella Cocbincina, e nell'America. In tutta l'Italiaè pianta volgarissima, ed anche abbonda in moltissimi luoghi della Toscana, cosicchè questo vegetabile non ha fatto che passare dai luoghi salvatici ed incolti, negli orti, dove addomesticandosi, ha prodotto le molte varietàora coltivate che se ne conoscono da molli anni indietro, come può rilevarsi dal Soderini (2), Secondo l'opinione del Sibthorp (3) e dello Sprengel (4) lo staphilinos di Ippocrate (o) e di Dioscoride (6), ma non di Teofrasto (7) nè di Columella (8), sarebbe questa carota, che quei primi Greci scrittori bensi nominavano come medicamento, e non come
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(1) Elements of Mat. med. aud Therap. T.2, pag.1474.
(2) Cullur. degli orti e giard. pag.80.
(3) Prodr. fior. Graec.T. 1, pag. 183.
(4) Commenl. in Dioscor. T.2, pag. 520.
(5) De his quae ulerum non gerunl, ediz Foes. T. 1, pag.686.
(6) Mat. med. L.3, c. o9. Avvertasi che lo slaphylinos agria, sarebbe per il Siblhorp il daucus gutlatus.
(7) Hist. pian. Lib. 9, cap. IS.
(8) De re rustica. L. 9, c. 4.
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inserviente al cibo. La pastinaca gallica di Plinio (1)è per il Re (2) probabilmente la carota. Il siser, nominato altrove dallo stesso Golumella (3), dal ridetto Sprengel (4) si vuole che sia egualmente la carota. Pier Crescenzio (5), parlando della pastinaca, dice che si trova altra pastinaca rossa, lo che sarebbe la carota nostra, la quale si coltivava a suo tempo come le pastinache bianche, allora più comuni ; ed il Mattioli (6) tratta della carota, sotto il titolo della pastinaca salvatica. Da tutto questo rilevasi che sebbene le carote fossero voigarissime e salvatiche, nondimeno la coltivazione delle addomesticate per cibo era scarsa ; e perciò dobbiamo considerarla, in quanto a quello che riguarda la sua maggiore estensione negli orti, come d'un'epoca non remotissima. La pastinaca al contrario, colia quale fu confusa la carota, e cheè del pari coraunissima e spontanea in molti luoghi d’Italia, era coltivata presso gli antichi più abbondantemente, ed a preferenza della carota medesima ; e tanto per questa ultima, che per le pastinache, non abbiamo data certa del tempo nel quale se ne cominciò una più estesa cultura, come per quella delle differenti varietàche oggi si conoscono dagli agricoltori.
Fra le piante ombellifere pure evvi il sedano o sellerò [À€pium graveolens L.), il qualeè spontaneo dei luoghi umidi, ed un poco palustri, di quasi tutte le Provincie d'Europa, nè manca in alcuni luoghi a lui propizi della Toscana. Era noto all'antichitÀ, che lo riteneva come medicinale, poichè presso Ippocrate, Teofrasto, Dioscoride ec.è ricordato col nome di eleioselinon, da
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(1) Hist. nat. L. 19.C.5
(2} Saggi storici dell'agricoli, antica, pag. 20S.
(3) De calta hortor. L.10:v. 114.— De re rasi. L. 12, e.
(4) Hist. rei iierli.T.l, pag. 149.
(5) Opus rustie, comm. L. 6, c. 9.
(6) Disc, in Dioscor.T. 2, pag. 789. 8
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Plinio con quello di helioselinum, ed ancora di apium dallo stesso Plinio, da Palladio, da Virgilio, da Columella ec. Non pare per altro che fosse mangiato, essendo ritenuto per pianta funebre e di mal augurio. Ma coll'andare del tempo introdotto negli orti ad epoca ignota, vi subi per la coltivazione quelle modificazioni che costituiscono ora i nostri sedani comuni, e le altre varietÀ, a foglie piene, a zoccolo grosso e tenero, noto col nome di sedano rapino. Di tutte queste ed altre varietàse ne forma oggi soggetto d’industria in molli orti per erbaggio da mangiarsi. Tuttavia l'uso di coltivare come ortaggio per cibo i sedani, non deve essere molto remoto, poichè Pier Crescenzio parla dell'apio, o sedano domestico, per le sue qualitàmedicinali e non cibarie ; ed anche l'Alamanni nel Canto V della sua Coltivazione, che fini di scrivere nel 1546, quando era refugiato in Francia, ricorda l'apio o sedano da coltivarsi qual pianta medicamentosa, ed invece loda altro vegetabile ombellifero afiine, ricercato per le sue dolci radici, cioè il Macerone (Smyrnium olusatrum), corrispondente per il Fee (1) aiV hipposelinum dei Greci e dei Latini, ed a\V olusatrum secondo il Re (2) ; cosicchè il Macerone in Toscana era allora coltivato per cibo, a preferenza del sedano ; della coltura del quale tuttavia verso quella medesima etàne scrisse il Soderini (3). Del prezzemolo (Apium petroselinum)è inutile cercarne l'origine, perchè nativo d'Italia, e perchè noto come coudiraento dei cibi, col nome di Selinon presso Nicandro, Teofraslo, e di Apium amarum, gracile, viride, vivax presso Virgilio, Orazio, Plinio ec.
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(1) Nola 213 al L.19, di Plin. Hist. nat. traduzione francese ediz. di Pankouke.T. 12, pag.332.
(2) Saggi storici deiragricoll. antica, pag. 207.
(3) Colt, degli orti e giardini, pag. 31.
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Anche il finocchioè pianta umbellata, della quale se ne distinguono più specie, che Linneo riguardava come varietàdel suo Anethum foeniculum. Ma i moderni botanici lo hanno meglio distinto. Il finocchio forte e salvalicoè comune in tutte le colline sterili ed apriche dell'Europa, ed egualmente volgare ed abbondante fra noi in Toscana. Il suo sapore piccante lo ha fatto chiamare finocchio forte dal nostro volgo, ed i botanici lo riconoscono col nome di foeniculum vulgare, ed anche con quello di foeniculum officinalc. Di questo non occorre parlare, perchèè pianta sempre stata fra noi conosciuta dagli scrittori latini, ed anche greci, rimontando fino ad Ippocrate che lo chiamò marathron (1), come anche fecero altri greci autori, li Mattioli (2) pare che voglia il finocchio forte essère Vhippomaratron di Dioscoride (3), il quale invece secondo lo Sprengel appartiene ad altra specie di umbellata, cioè al Cachris Morisonii Vahl (4). Oltre di che lo stesso Mattioli crede che il Marathron sia il finocchio dolce ; opinione che non regge dopo le osservazioni dei fratelli Bauhini, dello Sprengel, e di altri. Questo finocchio, che per il suo grato odore e sapore noi appelliamo finocchio dolce, non era conosciuto dagli antichi ; come non lo era neppure una ter/a qualitÀ, cheè ingrossata molto al di sopra della radice, nella base delle sue foglie tenere, dolci, e di buon saporc. Questa qualitÀè detta finocchione, e finocchio di Bologna, perchè quivi a preferenza si coltiva e meglio riesce, per quanto anche negli orti suburbani di Firenze si sia cominciato a coltivarlo da circa una quarantina di anni decorsi. Le ridette due spe-
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(1) De iiilern. affecl. ed. cum Foes. T. 1, pag-S.*).
(2) Disc, in Diosc. T.2, pag.28l.
(3) Mat. med. L..3,c.82.
(4) Coram. in Dioscor.T.2, pasr.S24.
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cie furono da Ottaviano Targioni-Tozzetli mio padre credute varietà l'una dell'altra (1), lo che più recentemente il Gav. Bertoloni (ti) ha potuto verificare non sussistere, dichiarando che effettivamente sono due distinte specic. Fra le quali egli nomina Foeniculum sativum, la prima ossia il nostro comune finocchio dolce, e Foeniculum dulce la seconda, vale a dire il finocchio di Bologna. Nè l'una nè l'altra sono originarie dell'Italia, e vi sono slate importate dall'estero, probabilmente come lo vuole Lobel (3) per il finocchio dolce, dalla Grecia e dalla Siria ; lo cheè un poco dubbio, non avendone parlalo gli antichi. Pier Crescenzio non fa menzione che del finocchio forte, e tace affatto degli altri due, i quali sono perciò di un'introduzione non remotissima. Infatti trovo in un manoscritto di Agostino del Riccio (4) esistente presso di me, che questo finocchio dolce chiamato altrove finocchio doppio ^ fu dall'autore veduto coltivalo a suo tempo, come pianta peregrina e nuova, nel giardino di Iacopo Salviati, posto in via del Mandorto, ed ora del nostro illustre Marchese Gino Capponi ; talchè pare che detto Salviati ne fosse il primo introduttore in Firenze, verso la metàdel secolo XVI o poco dopo. Molti scrittori, come i fratelli Bauhini, il Gesnero ed altri, lo chiamano finocchio fiorentino romano. Il finocchio di Bolognaè ricordato da Gaspero Bauhino col nome di Foeniculum dulce quod Bononia adferlur (5), e dal di lui fratello Giovanni, che lo dice foeniculum dulce maiore et albo semine (6) ; lo che prova
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(1) Lez. d'agric. T 1, pag.lSO.T 2, pag,52.
(2) Fior. Hai. T.3. pag.34.
(3) V.Jo. Bauh. Hist. plant. T.3, L.27, pag.4.
(4) Agricoli, teorica MSS. c. 30.
(5) Pinax Ihealr. botan. pag.47.
(6) Hist. plant. T.3, L.27, pag.4.
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essere già notissimo nell'orticultura Bolognese, fino presso a poco dal XVI secolo ; ed il Tanara, parlandone col nome di finocchio cardo (1) ne dàl'invenzione ai Bolognesi, i quali al tempo in che egli scriveva, cioè nel 1664, ne avevano una estesa coltivazione, mollo ben conosciuta, e curata diligentemente.
Ai vegetabili umbellati, dei quali si fa in qualche luogo una coltivazione utile, appartiene l'anacio (Pimpinella anisum L.). Questa piantaè originaria dell'Egitto, e per taluni della Grecia ancora, edè conosciuta fin dalla remota antichità ; poichè Ippocrale (2) e Dioscoride (3) ne parlano come di un rimedio molto usalo ; ma non sappiamo se veramente fosse in allora coltivato nella Grecia, o se ne traessero questi semi dall'Egitto ; poichè Dioscoride, che dice esser chiamato sio, loda gli anaci di Creta e poi quelli di Egitto. Anche Plinio (4) ne parla molto per le virtù, e loda parimente assai quelli pur di Greta e di Egitto ; dal che si può supporre che di làvenissero come droga iraportata in Italia. Anche Columella (5) che lo dice anacio egiziaco, e che con altri ingredienti lo propone per aromatizzare l'olio, non parla nulla della di lui coltivazione, la quale per la prima voltaè ricordata da Palladio soltanto (6), accennandone il tempo della sementa. Pier Crescenzio (7), ne parla per le virtù e per la coltivazione, sicchè parrebbe che giàquesta fosse stala sempre in corrente nel XIII secolo. In Toscana la coltivazione dogli anaci si fa da molto tempo indie-
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(1) Econ. delcitlad. in villa L. 4, p. 237, ed. 2. di Roma, 1651
(2) Superfoel. Secl.3, pag. 163 e 265. ediz. cum Foes.
(3) Mat. med.L.3,c.65.
(4) Hist. nat.L.20, C.72.
(5) De re ruslica, L.12, §.49, 8 e g. 51, 2.
(6) De re rusl. L.3, Ut. i, Febr. c. 24 e lil. 9, mari c. 17.
(7) Opus. rusl. commod. L. 6, C.5.
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tro nella Romagna, e parlicolarmente a Dovadola, a Gaslrocaro e a Terra del Solc. Il Pereira (1) pretende che l'anacio sia ricordato nel nuovo Testamento ('i), ma che sia mal tradotto per aneto nella versione inglesc. Per altro nel testo greco dei Vangeli, vi dice anethon e non anison ; perciò giustamente nella Volgata latina, e nella traduzione italiana del Martini,è per aneto, e non per anacio, abbenchè il Galmet (3) voglia che anethum si debba intendere per anacio, naa senza veruna ragionc. L'aneto (anethum yraveolens) infattiè molto odoroso, abbondantissimo e spontaneo nelle campagne dell’Europa meridionale, dell'Asia minore e dell'Affrica, edè stato usato assai dagli antichi, sicchè non saprei per quali ragioni il Pereira voglia l'anacio piuttosto che il ridetto aneto. Lo stesso Pereira, ed anche lo Sweet (4) ci fanno sapere, che la sementa degli anaci fu introdotta in Inghilterra nel 1551, mentre in Italia vi si coltivava per lo meno avanti a Palladio, cioè nel V secolo. Al contrario il coriandolo (Coriandum sativum L.) essendo originario di molte provincie dell'Europa, e particolarmente dell'Italia, non meno che della Germania, ed anche dell'Egitto, dove anzi dice Plinio (5) che vi nasceva di ottima qualitÀ, nonè maraviglia se fu ricordato col nome di Ghid da Moisè (6) in prima, poi da tutti gli autori greci e latini, con quelli di coriannon e di coriandrum.
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(1) Eleni, of mal. raed. and Therapeul. T. 3, pag. 1446.
(2) S. Matl. c.XXlII, 13.
(3) Diction. biblic. trad. latina del Mansi, Lucca 1766, T. 1, pag. 85.
(4) Hortus Bri4ann. ed. 3, 1839, pag. 299.
(5) Hist.nat.L.20.c 20.
(6) Exod.c.XVI, 31.